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domenica 5 giugno 2011

Filettino di maiale o vitello in crosta

Per 4 persone:
Filetto maiale o vitello gr 600
Spuma pollo gr 200(petto pollofrullato con 40 ml panna fresca,1 albume,50 gr parmigiano,sale pepe,noce moscata trito di erbe:salvia,rosmarino,basilico,menta,ecc)
senape gr 40
Pane da tramezzini n°3 fette
Tagliare per il lungo il filetto in 2 parti



condirlo con sale pepe o aromi a piacere io uso Grill-Barbeque della Wiberg,olio evo(extravergine oliva)e grigliarlo 3mn :



ora stendere il pane con l'ausilio di un mattarello


spalmarvi sopra la spuma di pollo



adagiarvi  un filetto "gia freddo"spalmarlo leggermente di senape ed avvolgere il tutto con la fetta di pane


avvolgerlo con la pellicola per sigillarlo bene.............
ora dorarlo in padella con un pò di burro ed un pò d'olio


ora passarlo in forno per 13 mn a 180°C deve restare rosa all'interno,aspettare 5 mn affettare e servire.


io l'ho servito con una salsa a specchio ottenuta da un precedente arrosto,salsa che ho arricchito con un pò di succo di limone
Buon appetito

giovedì 2 giugno 2011

La Forza della farina di "Dario Bressanini"

La forza della farina

spiga-100.jpgIl grano, o frumento, tenero (Triticum aestivum) è originario del medio oriente. La sua farina è alla base di moltissime preparazioni: pane, pizze, focacce, torte, brioches, biscotti, dolci lievitati e così via.
I più grandi produttori di grano tenero (fonte FAOstat) sono Cina, India, Usa e Russia. L’Italia nel 2007 era al 19° posto e non essendo autosufficienti importiamo il 70% del frumento che consumiamo. Siamo invece al secondo posto dietro il Canada come produttori di grano duro, che usiamo principalmente per produrre pasta, ma anche in questo caso siamo costretti a importarne il 40%. La superficie coltivata a grano, sia duro che tenero, in Italia è diminuita negli ultimi 20 anni

Classificazione delle farine

cariosside-grano-1.jpgQui potete vedere una rappresentazione grafica di un chicco di grano o, più precisamente, di una cariosside. La buccia esterna, i tegumenti, costituisce la crusca. Abbiamo poi il germe o embrione e infine l’endosperma, cioè la parte che, contenendo l’amido e le proteine che formano il glutine, più ci interessa. Nella produzione della farina il chicco viene privato del germe e dell’involucro esterno. L’endosperma viene poi rotto e macinato in fasi  successive per produrre una farina del tipo desiderato. Poiché la crusca è più ricca di minerali mentre l’endosperma, ricco di amido, ne contiene molti meno, la legge italiana ha deciso di classificare le farine in commercio in base al contenuto di minerali. O meglio, vengono classificate in base alle ceneri, cioè a quello che rimane dopo aver bruciato la farina (i minerali e i loro ossidi non bruciano). Più è basso il contenuto di ceneri, più la farina è stata prodotta con il solo endosperma, e più è bianca. La farina “integrale” avrà invece il massimo contenuto di ceneri perché tutto il chicco è stato utilizzato e sarà più scura. Nell’industria molitoria di parla di abburattamento, cioè della percentuale di farina estratta da un chicco. La “resa” insomma. L’analisi delle ceneri di una farina è quindi una misura dell’abburattamento ottenuto. La legge italiana classifica le farine di grano tenero nei tipi 00, 0, 1, 2 e integrale.
La farina di grano tenero è composta per la maggior parte da amido (64%-74%) e proteine (9%-15%), principalmente glutenina e gliadina. Queste, a contatto con l’acqua e per azione meccanica, si legano fra loro e formano un complesso proteico chiamato glutine, creando una specie di maglia elastica. Il glutine assorbe una volta e mezzo il suo peso in acqua, e durante la lievitazione trattiene l’anidride carbonica sviluppata dal lievito. La percentuale relativa di gliadine e glutenine determina le proprietà dell’impasto: le glutenine lo rendono tenace ed elastico mentre le gliadine lo rendono estensibile.
Tipo di Farina
Umidità max
Ceneri min
Ceneri max
Proteine min
Abburattamento
00
14.50%
0.55%
9.00%
50%
0
14.50%
0.65%
11.00%
72%
1
14.50%
0.80%
12.00%
80%
2
14.50%
0.95%
12.00%
85%
Integrale
14.50%
1.30%
1.70%
12.00%
100%
Verificare la qualità della farina e le sue proprietà nella fase di impasto, lievitazione e cottura non è una cosa semplice. A questo scopo nei molini vengono ormai effettuate tutta una serie di misure chimiche e fisiche per classificare al meglio le farine prodotte.
Guardate ad esempio questa scheda tecnica di una farina.
http://www.moliniriuniti.com/pagine/pdf/sfoglia_t.pdf
o questa
dati-farina.jpg
Che cosa sono tutti quei dati? Visto che l’hobby della panificazione in casa prende sempre più piede, ho pensato di entrare un po’ nel dettaglio per soddisfare la curiosità di noi pasticcioni casalinghi ;-)

Il Farinografo

Negli anni ’30 venne inventato il Farinografo di Brabender per registrare graficamente, su carta tramite un pennino mobile, la fase dell’impasto della farina con l’acqua. Nel Farinografo la miscela acqua e farina viene impastata meccanicamente e viene misurata la resistenza opposta dall’impasto in funzione del tempo.
farinogramma-1.jpg
Il farinogramma ottenuto è utile per misurare la percentuale ottimale di acqua da aggiungere alla farina per avere la giusta consistenza, il tempo di sviluppo dell’impasto (diciamo il tempo minimo di lavorazione necessario per sviluppare al meglio il glutine), la sua stabilità (quanto tempo di lavorazione può sopportare prima di iniziare la fase di rammollimento), e l’indice di caduta (in quanto tempo l’impasto perde la sua consistenza). Farine di bassa qualità non reggono più di 3 minuti di impastamento mentre farine di qualità eccellente possono reggere anche tempi di impasto superiori ai 10 minuti. La farina descritta sopra nella figura assorbe dal 55% al 57% di acqua e ha un tempo di stabilità tra gli 8 e i 15 minuti. Tempi di lavorazione più lunghi hanno come risultato il rammollimento dell’impasto.

L’alveografo

alveo-1-300.jpgUn altro apparecchio, l’Alveografo di Chopin, inventato nel 1921 da Marcel Chopin, fornisce un indice che viene ormai comunemente utilizzato da panificatori professionisti e, ultimamente, anche dagli amatori: W, spesso un po’ impropriamente chiamato forza della farina.
Nell’alveografo viene soffiata dell’aria nel centro di un disco di pasta di peso e idratazione standard per produrre una bolla, in modo da simulare l’effetto della lievitazione, e misurare la capacità dell’impasto di trattenere il gas. Sotto l’effetto della pressione dell’aria insufflata la bolla si espande sino a rompersi. Il risultato di questa prova è un Alveogramma, che riporta un grafico della pressione (P) in funzione dell’estensione (L) della bolla di impasto.
Dall’area sottesa alla curva si può calcolare l’energia totale spesa per rompere l’impasto. Questa energia viene indicata con W (è il simbolo del lavoro, per questo dicevo che è un po’ improprio chiamarla “forza”) e rappresenta un indice globale di comportamento della farina. Qui sotto vedete, in giallo e in blu, due alveogrammi tipici.
alveogramma-550.jpg
Il massimo della curva identifica P, che rappresenta la tenacità del glutine, mentre L rappresenta l’estensibilità: più è elevata e più l’impasto è estensibile.
Ai fini pratici questi due parametri vengono combinati, dividendoli tra loro, per calcolare l’indice P/L. Il valore di riferimento è di 0.5. Una farina per biscotti avrà un valore di W e di P/L bassi (ad esempio W=100 e P/L = 0.4) mentre una farina per prodotti lievitati avrà W e P/L alti (ad esempio W=350 e P/L=0.6). Un valore di P/L troppo alto indica una farina troppo resistente e poco estendibile, di difficile lavorazione. Al contrario, un P/L troppo basso indica una farina poco resistente e troppo estendibile
Farine con W tra 90 e 160 sono dette ‘farine deboli’. Hanno un basso contenuto proteico, solitamente 9%, e vengono  utilizzate per produrre biscotti secchi o gallette. Farine con W compreso tra 160 e 250 hanno una forza media. Sono usate ad esempio per il pane pugliese o quello francese, per impasti diretti o lievitazioni brevi, per pizze e focacce.
forza-farina-schema-2.jpg
(cliccate per ingrandire il grafico, tratto dal corso di tecnologia dei cereali del Prof. Franco Antoniazzi dell’Università di Parma)
In generale più un prodotto richiede lievitazioni lunghe più serve una farina con un W elevato, in modo da trattenere meglio l’anidride carbonica prodotta nella fermentazione. Il glutine è in grado di assorbire acqua per una volta e mezza il suo peso, quindi più è forte la farina e più è alta la sua idratazione. Si passa da una idratazione inferiore al 50% per le farine da biscotti sino a valori superiori al 70% per farine forti.
Farine con un alto W vengono chiamate “farine di forza” perché oppongono una grande resistenza alla deformazione del glutine. Con W tra 250 e 310 si ottengono pani come biove o baguettes.  Valori di W tra 310 e 370 si usano per pani particolari o prodotti a lunga lievitazione come panettoni, brioches e croissant. Esistono anche farine con valori di W superiori a 400, denominate Manitoba perché originarie di quella regione del Canada. Vengono denominate Manitoba anche se il grano corrispondente è ormai coltivato anche in Europa. Hanno un alto contenuto proteico e vengono spesso utilizzate in miscela con farine più deboli per aumentarne la forza.
Purtroppo i valori di W di una farina, disponibili sui sacchi per uso professionale e sui siti web dei molini, non sono riportate nelle confezioni ad uso casalingo, e ci si deve accontentare del contenuto proteico: grossolanamente più proteine sono presenti più è forte la farina, a parità di tipo di farina (00, 0 etc…). La farina integrale contiene più proteine, provenienti dal germe e dalla crusca, tuttavia non sono tutte proteine che producono il glutine. È per questo che panificare con la farina integrale é più complicato.
Volendo preparare dei biscotti dobbiamo evitare che si formi il glutine, quindi dobbiamo usare delle farine deboli, a basso contenuto proteico e molto estensibili. Alcune preparazioni prevedono percentuali di proteine molto basse, attorno al 7%, ed è per questo che la farina (il cui contenuto proteico è come minimo il 9% per legge) viene miscelata a dell’amido e il prodotto venduto come “preparazione per torte e dolci”.
Per prodotti lievitati invece abbiamo bisogno di farine forti. Più é forte una farina e più è lunga la lievitazione, e ricordate che il volume finale del prodotto è correlato al contenuto proteico della farina.
Qui sotto potete vedere una tabella riassuntiva di massima (sempre presa dal corso di Tecnologia dei Cereali del Prof. Franco Antoniazzi, dell’Università di Parma)
W P/L Proteine Utilizzo
90/130 0,4/0,5 9/10,5 Biscotti ad impasto diretto
130/200 0,4/0,5 10/11 Grissini, Crackers
170/200 0,45 10,5/11,5 Pane comune, Ciabatte, impasto diretto, pancarré, pizze, focacce, fette biscottate
220/240 0,45/0,5 12/12,5 Baguettes, pane comune con impasto diretto, maggiolini, ciabatte a impasto diretto e biga di 5/6 ore
300/310 0,55 13 Pane lavorato, pasticceria lievitata con biga di 15 ore e impasto diretto
340/400 0,55/0,6 13,5/15 Pane soffiato, pandoro, panettone, lievitati a lunga fermentazione, pasticceria lievitata con biga oltre le 15 ore, pane per Hamburgher
Ci sono altri parametri da considerare parlando di farina di frumento tenero, e non abbiamo neanche iniziato a parlare di lieviti, di amido, di enzimi e della fase di cottura, ma credo che per ora possa bastare ;-)
Buona panificazione

Accostamenti sorprendenti di "Dario Bressanini"

Accostamenti sorprendenti

Sebbene a volte siano considerati sinonimi, il sapore è solo uno dei componenti che vanno a formare il gusto. Le papille presenti in bocca, specialmente sulla lingua, sono sensibili ai cinque sapori fondamentali: salato, aspro, dolce, amaro e umami. I recettori del sapore mandano i loro segnali al cervello che li combina con i segnali olfattivi stimolati dall’aroma di un piatto, dalle molecole volatili presenti che raggiungono i recettori del naso. Se considerate che a fronte di soli cinque sapori fondamentali i recettori olfattivi, di almeno 400 tipi diversi, riescono a distinguere più di 10.000 odori differenti, si capisce come la miscela di aromi che emana un piatto è spesso fondamentale nel formare il nostro giudizio gustativo.
L’angolo chimico
indole_structure.jpg
La struttura dell’Indolo
Nel corso dei secoli la cucina ha sviluppato una serie di regole empiriche per miscelare i sapori e ottenere combinazioni gradevoli: ad esempio aspro e dolce vanno spesso bene insieme mentre amaro e salato no. Per gli aromi invece regole generali simili non ci sono, perché non pare esistano degli “aromi fondamentali”. Fino ad ora erano solo l’esperienza e la sensibilità di un cuoco, unita ad una buona dose di curiosità e di fantasia, che potevano portare a comporre ricette gustose accostando ingredienti caratterizzati da aromi diversi. Il famoso Chef Heston Blumenthal ad esempio, ha recentemente creato varie ricette accostando ingredienti insoliti: caviale e cioccolato bianco, ad esempio, o banane e prezzemolo, oppure salmone e liquirizia.
Recentemente è stata avanzata una ipotesi sul perché alcuni accoppiamenti di ingredienti, anche inusuali, risultino di gusto gradevole. Nel 1999, ad uno dei congressi di Gastronomia Molecolare che si tengono a Erice, il chimico François Benzi, della Firmenich, azienda di Ginevra leader nella produzione di aromi ed essenze, passeggiando in giardino sentì l’odore del gelsomino. L’aroma di questa pianta contiene indolo, una sostanza aromatica contenente azoto. Benzi sapeva che l’indolo è anche contenuto nell’aroma del fegato di maiale e suggerì ai cuochi presenti di provare la combinazione.
fegato-500.jpg
Gelsomino e fegato di maiale
Tempo dopo Blumenthal, per tentativi, trovò un accoppiamento che funzionava sorprendentemente bene: caviale e cioccolato bianco. Ricordandosi dell’incontro con Benzi, si rivolse al chimico della Firmenich chiedendo il motivo del sorprendente accordo tra questi due ingredienti.
ostriche-300.jpg
Dopo alcune analisi risultò che i profili degli aromi dei due ingredienti, formati da decine di molecole diverse, ne avevano molte in  comune. Venne subito formulata l’ipotesi che “se due ingredienti condividono, nei profili aromatici, una o più molecole, possono dare luogo ad una combinazione piacevole”.
Blumenthal, utilizzando un database contenente un elenco delle sostanze chimiche presenti negli aromi di molti alimenti, ha scoperto altri accostamenti notevoli: kiwi e ostriche, ad esempio, condividono il 40% delle molecole che compongono il loro aroma, specialmente molecole che i chimici chiamano trimetilammine.
coda-300.jpg
Coda alla vaccinara
Questa teoria fornisce una base scientifica anche ad alcune ricette tradizionali italiane contenenti cacao: la coda alla vaccinara ad esempio, ricetta tradizionale romana, o il cinghiale in dolce-forte, citato anche dall’Artusi. A quanto pare il cacao e la carne cotta condividono molte molecole della famiglia dei furanoni e delle pirazine.
carne-cacao-550.jpg
Molecole comuni alla carne cotta e al cioccolato
Alberi aromatici
Se volete sperimentare anche voi con combinazioni inusuali, potete visitare il sito www.foodpairing.be, dove potrete scoprire quali ingredienti si potrebbero sposare bene secondo questa teoria.
Analizzando i profili aromatici di molti alimenti è possibile classificarli e costruire degli “alberi” (simili agli alberi filogenetici utilizzati in biologia) che indicano quanto vicini o lontani sono due alimenti dal punto di vista gustativo. Osservate ad esempio l’albero che parte del cioccolato (sempre tratto dal sito foodpairing.be): possiamo osservare che l’albero riproduce correttamente alcuni accostamenti “classici”: fragole e cioccolato, oppure arance e cioccolato, o il grande classico caffè e cioccolato. Ritroviamo l’accostamento con la carne di cui ho parlato prima, ma troviamo anche degli accostamenti inaspettati: con il cavolfiore ad esempio o il parmigiano.
chocolate-pairings.jpg
Albero aromatico del cioccolato
Cercando un po’ tra i vari alberi aromatici, si ritrovano alcuni degli accostamenti scovati da Blumenthal: banana e prezzemolo ad esempio.
Alcuni di questi accostamenti sono già stati messi alla prova, e i risultati sono stati postati sul miglior blog di Gastronomia Molecolare sulla piazza: blog.khymos.org.
Ogni mese circa sul blog viene lanciato un accostamento e chiunque interessato a partecipare può postare sul proprio blog il risultato culinario. Un riassunto delle varie proposte viene postato a turno su uno dei blog partecipanti.

Se volete dare un’occhiata fino ad ora le sfide (chiamate TRGWT: They Really Go Well Together) hanno riguardato

Una triade insospettata

mi3.jpgGli alberi gustativi possono essere utilizzati anche per combinare tra loro due alimenti apparentemente inconciliabili: aglio e cioccolato ad esempio. Conciliare questi due sembra una mission impossible vero? Ma ecco arrivare in soccorso l’Ethan Hunt della situazione: il caffè. Questo, avendo degli aromi comuni sia con l’aglio che con il cioccolato, dovrebbe riuscire a rendere possibile il matrimonio  “impossibile” tra aglio e cioccolato. Potete leggere sul blog khymos i risultati.
Mi preme ricordare che la teoria che vi ho presentato è, allo stato delle conoscenze, solo una ipotesi di lavoro, che ha bisogno ancora di molti studi per essere perfezionata. Sicuramente non pretende di spiegare tutti i buoni accostamenti, e sicuramente non tutti gli accoppiamenti suggeriti sono gradevoli: per migliorare la teoria dovremo aspettare di capire meglio come funzionano i recettori olfattivi.
Vi invito comunque a provare qualche nuovo accoppiamento, ricordando però che non basta mescolare gli ingredienti per ottenere una buona ricetta. La sensibilità e l’esperienza del cuoco sono sempre necessarie. Solo che ora possono procedere non per tentativi ma con un principio guida basato sulla chimica.
Saluti dalle spiagge della Sardegn

Cipolla ripiena

Scegliere delle cipolle piuttosto grandi e del tipo che si preferisce io ho scelto quelle dorate,
lavarle e cuocerle in Forno a 180°C per 40 mn,
poi far freddare e tagliatele per metà,svuotatele,sgocciolate e frullate la polpa,aggiungete 1/3 di besciamella molto densa,grana ,pan grattato,sale pepe q,b.ricomponete le cipolle e fatele gratinare in forno a 180°C per 10 mn,sono ottime con carni e pesci,e non si sente l'odore acre tipico della cipolla.
io l'ho servita con un petto di pollo scaloppato
cotto alla brace (49°C al cuore con sonda)
e cipolla confit

Tagliata di Picagna

Scegliere il taglio di carne più appropriato es:Manza femmina "Sorana" Picagna,o Scamone o Roast-beef
tagliare una fetta di almeno gr200,farla cuocere alla brace secondo il proprio gusto a mè piace cottura media,
io uso condirla con "Grill-Barbeque "della ditta Wiberg poi la taglio a fette (dopo aver aspettato almeno 5 mn)
per dar tempo che i succhi si ridistribuiscano,finisco con un filo olio evo bollente ed un rametto di rosmarino

cestini di fillo con verdurine confit e fonduta di formaggi a piacere

tagliare tutte le verdure di stagione a julienne














quindi scottarle separatamente per 30 secondi
 (le zucchine 5 secondi in acqua 1lt aceto bianco 1/2 lt zucchero 3 cucchiai,sale q.b. 2 foglie alloro
cuocere i cestini di fillo in forno a 180°C fino a doratura















 poi al momento del servizio farcirli




















finire con  la fonduta fatta con 1/2 lt latte fresco intero,portarlo a bollore,formaggi a piacere gr 200,
roux gr 40( fatto con 20 gr burro 20 gr farina)sale,pepe,noce moscata

mercoledì 1 giugno 2011

Le meduse di Nicoletta Belletti










Si chiama “Meduse” la nuova collezione di Nicoletta Belletti che da lunedì 16 è visibile dalla vetrina dello spazio espositivo a Parma, in via Farini 63. Nella galleria dell’artista sono state esposte infatti 9 dipinti che danno il via ad un nuovo filone tematico del percorso dell’artista parmigiana.
Dopo la serie dei fiori (dalle peonie alle gerbere, dai gigli alle viole) e degli animali (ritratti espressivi di cani, cavalli, mucche, gatti, galline), la Belletti, ispirandosi alle suggestioni marine, propone, come nuovi soggetti, meduse e pesci, realizzati sempre nel suo stile personale, con la tecnica dell’acrilico materico e resina su tavola.
Domenica 29 maggio, ultimo giorno dell’esposizione, la galleria dell’artista sarà aperta per una presentazione al pubblico, a chiusura dell’esposizione.
Nicoletta Belletti vive e lavora a Parma. La materia è una parte sostanziale e caratterizzante dei suoi quadri. La tecnica usata è acrilico materico su tavola steso utilizzando la spatola, aggiungendo in alcuni casi elementi come sabbia, pietre e altro. Dal 2000 ha cominciato a esporre con un crescente interesse da parte del pubblico. Per creare una mostra permanente delle sue opere, ha aperto ormai da più di 10 anni uno spazio espositivo in via Farini 63/b a Parma, dove riceve su appuntamento (info@nicolettabelletti.it). 

Seguirà a giorni un "piatto" commestibile creato da mè su ispirazione del quadro.......................
e si chiamerà semplicemente "La medusa"variazioni sul tema "La pasta fresca"